Il terzo momento d'intervento ha trovato la roccia in condizioni molto diverse rispetto a quelli precedenti. Forse in un momento contraddistinto da un raffreddamento del clima, ampiamente documentato durante il 1° millennio a.C., la vegetazione si è ridotta e attestata più a monte della roccia, su terreno più consistente e ricco, lasciando le leggere chiazze di humus che ricoprivano porzioni di roccia, all'azione erosiva delle acque e quella eolica, intesa su un promontorio così esposto sulla valle.
In conseguenza di ciò la roccia quasi sicuramente è apparsa in tutta la sua estensione e, quindi, un ritorno di interesse alla stessa da parte di sacerdoti - artisti - incisori e rinnovate esigenze spirituali hanno visto la possibilità di un totale riutilizzo di superfici levigate. Come i procedimenti, anche questo ritorno sembra sia stato finalizzato alla realizzazione di tipi figurativi specifici, esclusivi di questa fase, intendendo ovviamente per fase, ancora una volta, un periodo di frequentazione e di incisione circoscritto in un tempo non facilmente determinabile, apparentemente diversi, con contenuti ideologici oltre che iconografici privi di alcuna relazione con le incisioni precedenti, quasi queste non esistessero o non fossero per nulla visibili o fosse venuto a mancare un collegamento ideologico tra le nuove e le precedenti opere.
Il nuovo, forse prolungato, momento di intervento ha visto infatti la realizzazione di ben 192 figure palettiformi della categoria n. 12, delle quali 118 del tipo A, semplici, con pomo arrotondato o cuppelliforme, 37 con impugnatura rettilinea senza pomo all'estremità e le altre di forme diverse, per un totale complessivo di ben 14 tipi. Alcune palette sono associate a figure antropomorfe delle categorie n. 26, 36 e 37, due delle quali (categoria 37) reggono delle piccole figure palettiformi, mentre un'altra sembra volutamente sovrapposta da una paletta ad impugnatura rivolta verso l'alto. Questo terzo momento d'intervento, certo non breve e collocabile in un non meglio precisabile spazio temporale del 1° millennio a.C., ha visto sicuramente l'opera di diversi artisti che, a più riprese, si sono recati sulla roccia ed hanno inciso in termini univoci tanto dal punto di vista tecnico tanto da quello iconografico. 1992 figure palettiformi e 16 antropomorfe, per un totale di 4 categorie di rappresentazioni, alle quali si aggiunge quella delle coppelle sparse, costituiscono il monotono repertorio di una roccia sulla quale le figure incise precedentemente erano ormai di difficile lettura, molte addirittura quasi invisibili. La presenza di figure palettiformi tra loro in sovrapposizione è testimone di fasi distinte di intervento, forse anche distanti alcuni decenni tra loro. La differenza tipologica tra alcune figure e quelle che ad esse si sovrappongono, la rozzezza delle seconde rispetto alle prime, sembrano essere testimoni della diversità dell'operatore, ma anche del supporto tecnico e forse della decadenza ideologica e contenutistica che le ha ispirate a volute.
Per sommi capi si può osservare come, pur essendo quasi tutta la roccia caratterizzata dalla presenza di palette, tuttavia è percepibile la volontà degli operatori di realizzare anche in gruppi distinti, soprattutto nel settore destro ed in quelli alti della roccia. Se all'apparenza ognuno di questi tre grandi momenti di interesse per la roccia è indipendente dagli altri, se sembra non vi sia continuità operativa e creativa, che non vi siano relazioni iconografiche, tuttavia, là dove alcune figure delle fasi precedenti erano visibili, sono state realizzate associazioni. Infatti, alcuni cerchi concentrici e raggiati sono stati riutilizzati nella realizzazione delle figure di tipo planimetrico, canaletti sono confluiti al loro centro. Più tardi figure palettiformi sono state volutamente sovrapposte a cerchi concentrici o associate a questi o, comunque, a tipi delle categorie 1 e 3 e, al contempo, sono state inserite figure di tipo planimetrico, sovrapposte o associate a figure geometriche semplici e composte, a meandriformi. Abbastanza limitato, come si è accennato è il numero delle figure antropomorfe (16 su 451 incisioni registrate). Di queste, due o forse tre schematiche sono associate a tipi della categoria 1; le altre a figure palettiformi e forse, con queste, a meandriformi. Alcune figure antropomorfe sembrano armate, ma la sommarietà delle forme non permette una definizione più appropriata delle stesse ed una loro distinzione tipologica. Due antropomorfi, come si è detto, reggono figure palettiformi, riprendendo un tema già conosciuto all'interno del Parco di Naquane a Capodiponte e a Paspardo. Una figura fallica è rappresentata a testa in giù.
In sintesi si può dire che:
- durante la prima fase di frequentazione la roccia, e forse tutto il costone circostante la montagna, è stata legata al culto del sole e ciò, grazie ai numerosi confronti con altre manifestazioni di cultura figurativa dell'arco alpino e di altre regioni italiane, sembra sia avvenuto alla fine del 4° e inizio del 3° millennio a.C., cioè tra il Neolitico recente e l'Eneolitico;
- dopo un lungo periodo di abbandono dell'attività incisoria, la roccia è stata riutilizzata per incidervi figure di tipo planimetrico, quindi probabilmente un intero territorio nel quale sembra riprodotto persino un insediamento ad uso abitativo oltre a probabili aree coltivate, corsi d'acqua, strade, sentieri,ecc.;
- durante il 1° millennio a.C., dopo un'altra interruzione forse di alcuni secoli, sono state incise le figure palettiformi, come elemento iconografico dominante, legato forse al culto dei morti. Il tutto (culto del sole, culto della terra, culto dei morti, per esprimere in termini sintetici propositivi alcune ipotesi interpretative) sembra indurre a pensare alla sacralità del luogo connessa forse a speciali riti di rigenerazione. In proposito va rimarcata la possibile relazione esistente tra la roccia del Coren de le Fate e l'acqua che sgorga nelle immediate vicinanze e addirittura sotto la stessa.
In tre momenti temporalmente, culturalmente ed ideologicamente differenti, forse uno stesso concetto è stato espresso in modi diversi, attraverso tipi figurativi apparentemente privi di un nesso logico accomunante, in realtà riconducibili, a livello contenutistico, ad un unico denominatore comune: quello della vita.